di Francesco Cambuli, iscritto al Circolo di New York
Tra le storie della mia famiglia che ritornano nelle conversazioni, ce n’è una che racconta ogni tanto mio padre. Erano gli anni ’50, in un piccolo paese dell’entroterra sardo, e mio nonno che faceva l’agricoltore, imparò ad apporre per la prima volta la sua firma proprio per sottoscrivere le cambiali, tramite le quali avrebbe acquistato il suo primo trattore. Sebbene si racconti fosse molto veloce a far di conto, aveva ricevuto un’istruzione modesta, come tanti suoi coetanei in Sardegna. E sin da ragazzo imparò a lavorare i campi principalmente sulla base della sua forza fisica, e quella dei buoi che allevava. In quegli anni del dopoguerra in cui anche l’Isola ripartiva, seppure da posizione abbastanza arretrata rispetto alle regioni italiane più economicamente avanzate, decise di investire in tecnologia per poter svolgere in modo più efficiente il mestiere che ricevette da bambino e portò avanti per tutta la vita. Quasi sessant’anni e due generazioni dopo, sono arrivato a New York per specializzarmi e lavorare nel campo della biologia molecolare e cellulare. Come capita spesso nella scienza, le scoperte possono portare verso direzioni inattese. Metodologie inizialmente sviluppate per promuovere il differenziamento di cellule staminali per la rigenerazione muscolare in campo biomedico, si sono inaspettatamente rivelate alla base di nuovi approcci per la produzione di carne a partire da tecniche di laboratorio. Al momento, tali approcci non sono certo in grado di portare sui nostri piatti una bistecca, ma sono ormai vicini alla produzione di alimenti dalla struttura e composizione più semplice come gli hamburgers o le polpette. Rimane ancora tanto da fare per migliorare tali metodiche in termine di ingredienti, tecniche, capacità di produzione su larga scala, e contenimento dei costi. Alcuni di questi prodotti iniziano a essere commercializzati a Singapore, e sono in corso di valutazione presso le autorità sanitarie statunitensi, mentre non sono ancora giunte domande di autorizzazione alle agenzie dell’Unione Europea. In Italia, però, lo sviluppo di tali approcci è messo a rischio da un recente disegno di legge presentato dal Consiglio dei Ministri che ha l’obiettivo di vietare la produzione di carne ottenuta tramite le nuove tecniche della biologia cellulare. Tale divieto è proposto sulla base di due incerte premesse. Da un lato, un’idea molto astratta della tradizione gastronomica italiana, che non tiene conto dei continui progressi tecnologici del settore alimentare della penisola. Dall’altro lato, una certa confusione sulla sicurezza alimentare. Se è vero che ogni alimento non è privo di rischi, esistono già istituzioni incaricate di valutarne la salubrità sulla base di procedure scientifiche consolidate. Tuttavia, il disegno di legge ha già ottenuto l’approvazione del Senato, e si ritiene verrà confermato alla Camera dei Deputati forte dei voti della larga maggioranza di governo. L’eventuale approvazione rischia nell’immediato di creare un conflitto tra la normativa italiana e quella europea. Nel lungo periodo, la preoccupazione è che il settore alimentare italiano resti indietro, aprendo il campo alla concorrenza di altri paesi. La carne coltivata potrebbe rappresentare una delle strade per far avanzare la tradizione culinaria italiana, senza farcirla di stereotipi, alla continua ricerca dei migliori ingredienti, mettendo assieme qualità, costi ragionevoli, rispetto per l’ambiente e dignità nel lavoro.
Per saperne di più, il Circolo di New York del Partito Democratico ha organizzato una tavola rotonda sul tema visibile presso la sua pagina Facebook.